lunedì 9 dicembre 2013

Chiusure domenicali e festive

Ieri in Austria notavo che di domenica e durante le feste tutti i negozi, compresi i centri commerciali, sono chiusi. Da noi ormai stiamo andando di gran carriera verso l'apertura dei negozi 24 su 24 e 7 giorni su 7.


Al primo momento questo può sembrare comodo ma davvero lo è? E, soprattutto, non è un tantino antieconomico?

Cominciamo dal punto di vista economico: se una persona nell'arco dell'anno spende X non è che trovando i negozi aperti anche i giorni festivi spenderà X+Y, spenderà sempre X. In compenso per un negoziante quanto costa in termini di personale, di energia elettrica, di condizionamento e di pulizie tenere aperto ore e giorni in più il suo negozio a fronte dello stesso incasso?

Poi c'è il lato umano: per tenere aperti di più i negozi ai dipendenti vengono chiesti orari sempre più lunghi ma quasi mai all'aumento dell'orario di lavoro corrisponde un aumento della paga (proprio perchè il negoziante NON guadagna di più). Quindi la qualità della vita per queste persone peggiora.

Allora non è più sensato guardare a come fanno gli austriaci e la domenica tornare a chiudere tutti i negozi e andare a godersi la giornata di festa come è sempre stato fatto invece di lavorare inutilmente di più per guadagnare pure di meno?


14 commenti:

  1. Fa tutto parte del processo che vuole scardinare il nostro modo di vivere per annullarci culturalmente ed etnicamente, quindi renderci schiavi.

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  2. ma allora con questi ragionamenti si potrebbero aprire un giorno sì ed uno no, tanto abbiamo i frigoriferi e poi a poco a poco restringere gli orari, solo la mattina o solo la sera, abbattendo ulteriormente posi di lavoro

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    1. Non occorre andare all'estremo opposto: basterebbe fare come si è sempre fatto fino a pochi anni fa e come si continua a fare in paesi come Austria, Svizzera, Slovenia (tanto per citare quelli che sono qui vicino e che ho occasione di visitare spesso)

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    2. Oggi ascoltavo Radio24 e c'era un conduttore che parlava della protesta dei "forconi". Il tipo dice "possiamo ragionare sui disciplinari ma non ha senso pensare di vietare le importazioni, non possiamo mettere tasse sulle importazioni perché abbiamo sottoscritto accordi di "libero scambio", in più è ovvio che non possiamo nemmeno pensare di competere coi mercati dove il costo del lavoro è più basso, quindi l'Italia deve dismettere le produzioni non competitive e puntare ai prodotti di "fascia alta"."

      Benissimo, dico io, caro il mio conduttore. Ma non hai pensato un piccolo problema: non solo dimettiamo tutta la produzione agricola ma dismettiamo anche la stragrande parte dell'industria, infatti secondo la tua logica dovremmo smettere di produrre auto per fare solo maserati e ferrari in tiratura limitata, dovremmo smettere di fare componenti elettronici, macchine industriali, qualsiasi cosa tranne produzioni specializzate e di nicchia. Ma la vedo dura sfamare 50 milioni di Italiani più qualche milione di immigrati che sono sostanzialmente analfabeti producendo prodotti DOP e DOC, Ferrari, vestiti D&G e borse di Prada. Senza contare che il sapere artigiano che viene usato per le produzioni di "fascia alta" nasce dalla pratica di un mestiere e il mestiere è la vita di tutti i giorni in un paese, non l'atelier in centro a Milano.

      Da cui non posso che ricavare l'idea che siamo finiti.
      Quello che viviamo adesso e vivremo in futuro è il caos che segue un evento che è già successo. Le condizioni per la nostra decadenza sono state messe in atto da anni e anni ma gli Italiani, pancia piena e rincoglioniti dai comizi, guadavano (a ancora guardano) da un'altra parte.

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    3. Non posso che condividere preoccupato il tuo ragionamento... :-/

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    4. Il ragionamento è semplice: l'Italiano "normale" vive delle cose che ha intorno a se, quindi del prodotto dei campi e delle fabbriche di cui sente suonare la sirena la mattina. L'Italiano che ci viene venduto dai media vive di manghi importati con l'aereo dall'altra parte del mondo e lavora nei "new media" in qualche torre di vetro ipotetica. Il guaio è che la gente non riesce più a vedere il contrasto stridente tra la realtà e i modelli proposti dai media e men che meno è in grado di porsi la domanda del perché ci vengono proposti dei modelli invece che altri.

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  3. Oltretutto anche in Italia si chiudeva la domenica e le 'feste comandate', che mi sembra una cosa saggia..

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  4. bhè, con me funziona: dal lunedì al venerdì sto in ufficio tutto il giorno (raramente esco prima delle 19.30), quindi per riempire il frigo vado solo in supermercati che chiudono dopo le 20.30 mentre ora, in periodo di "regali", se i negozi stanno aperti la domenica, vado di domenica, altrimenti... c'è amazon!
    se non fossimo in tanti, ad agire così, i negozi non sarebbero costretti a stare aperti anche nei festivi (se non ricordo male in Austria uffici ed università alle 17-17.30 chiudono i battenti e ti sbattono fuori, quindi puoi pure pensare di fare spese in momenti "normali"...)

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    1. Il problema infatti in Italia è generalizzato: gli orari di lavoro si dilatano per tutti quindi in settimana la gente ha sempre meno tempo per andare a fare spese. Però questo dilatarsi degli orari di lavoro non ha senso: com'è possibile che in Austria (sempre per prendere un paese come esempio) riescono a fare tutto nei normali orari di lavoro mentre noi abbiamo bisogno di fermarci fino ad ore assurde? Ed alla fine riusciamo pure ad essere meno competitivi... :-(

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    2. su questo sono assolutamente d'accordo

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  5. secondo me hai ragione (ma devo ammettere che sfrutto abbastanza il supermercato sotto casa mia aperto fino alle 21 della domenica)...

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    1. E' ovvio che se una cosa è disponibile a volte ne approfitti... Però una volta si viveva benissimo (anzi meglio) anche senza i negozi aperti la domenica

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  6. Ho sentito qualche mattina fa al microfono aperto di Radiopopolare la questione. Sono sintetico: stanno dando brutte abitudini agli italiani senza nemmeno poi avere un corrispettivo nell'aumento delle vendite. E sconvolgono la vita alle famiglie dei dipendenti, come hai detto anche tu. Bisognerebbe, eh eh, che i preti dai pulpiti ricominciassero a predicare che lavorare di domenica è peccato. Seriamente, è sempre più un Far West senza sceriffi di buon senso.

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  7. quì da noi è facolta del negoziante rimanere aperto, non è un obbligo, appunto per i costi, le commesse hanno spuntato un 30% in più di stipendio per il festivo prestato e di questi tempi mi dicono che aiuti molto... i negozi, almeno quelli dei vestiti sono abbastanza pieni, poi se tutti quelli che entrano comprano è un altro discorso

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